Spluga e Julierpass

Sono nato in pianura, ma nonostante questo, sento un’attrazione particolare nel cimentarmi in salite in bicicletta. Ovviamente senza ambizione di tempi o prestazioni, non ne posseggo nemmeno le capacità.

Inoltre mi è capitato spesso di andare in “fissa” per una salita particolare, quella al cui solo pensiero mi viene la pelle d’oca, quella che farei e rifarei ogni giorno, senza mai annoiarmi o perdere il gusto nel conquistarla a ripetizione.

Ecco, dopo il periodo Bernina, sono entrato ufficialmente nel periodo Spluga.

Recentemente, a luglio, durante la Randonnée Libero Ferrario, ho percorso la salita dello Spluga dal versante Svizzero. Ora, in una giornata di agosto, ho deciso di percorrerlo dal versante italiano. E siccome amo i giri ad anello, ne ho rispolverato uno fatto nel 2010 assieme agli amici Andrea e Stefano.

Con Andrea e Stefano nel 2010

Spluga + Julier, 165 km e 4000 metri di dislivello. Insomma, una bella giornata passata con la testa fra le nuvole, spesso oltre i 2000 metri di quota!

Dopo la solita colazione al bar Moreschi, parto a pedalare da Chiavenna. So che mi attendono 30 km di salita con 1800 metri di dislivello, ma soprattutto ben 51 tornanti da percorre.

Quando si pedala in montagna nel periodo estivo è d’obbligo portarsi una mantellina lunga per le discese, soprattutto quando si superano i 2000 metri di quota. Le previsioni per oggi sono purtroppo incerte, ci sarà possibilità di pioggia, ma soprattutto le temperature saranno inferiori rispetto la media stagionale. Sono quindi costretto ad aggiungere un intimo in lana merino, manicotti e gilet, ma soprattutto luci, indispensabili per il giro di oggi con tante gallerie. Sono sicuro che questa zavorra mi risulterà indispensabile.

E’ sabato mattina, e la salita al Passo è trafficata da vacanzieri in auto e moto, ma sopratutto tante biciclette.

Superato il primo tornante e il paese di San Filippo e Giacomo arrivo al Santuario di Gallivaggio, un luogo che mi suscita sempre un certo effetto.

Nel 2018 una frana si staccò dalla montagna, ma miracolosamente, contro ogni previsione, non toccò il Santuario. Nel video della frana è possibile vedere la massa imponente di detriti che si scaglia sul Santuario. Ciò che rende la cosa ancora più particolare, è un fermo immagine in cui si intravede una figura che ricorda molto la Madonna.

Superato il Santuario, ormai deserto e isolato per questioni di sicurezza, si arriva al lago di Prestone, dove si può prendere fiato, prima di per arrivare a Campodolcino.

Superata questa nota località si ha la possibilità di scegliete fra due strade differenti per arrivare a Pianazzo: la strada di “sotto”, che passa da Isola e consigliata per camper e pullman, o la strada di “sopra” più tortuosa ma decisamente più emozionante.

Questi meravigliosi e tortuosi 3 km si sviluppano sul versante del Sengio, strada costruita fra il 1818 e 1822 dall’Ingegner Carlo Donegani, sono davvero un vero prodigio tecnico.

Arrivati a Stuetta, mi fermo a prendere fiato in un alpeggio, dove, presso una fontana, ricordo di aver scattato una raccolta di foto con le mie biciclette. Anche oggi non mi nego una foto ricordo.

Superato il lago di Montespluga e l’omonimo paesino in riva al lago, mi accingo a percorre gli ultimi km che mi separano dal passo.

La visione del cartello “Tornante 51” mi fa capire che la conquista è ormai vicina.

Foto di rito e dedica con sciarpa alla Cooperativa Sociale “La Grande Casa”. Questa sciarpa ha un significato particolare, mi è stata regalata da Fabio, un super Volontario della Cooperativa, incontrato qualche giorno prima in Val di Mello durante una passeggiata. Che coincidenza straordinaria.

Mentre mi vesto e mi preparo alla discesa verso Splughen, ho la dimostrazione pratica di ciò che ho studiato sui banchi di scuola. Le Alpi proteggono davvero l’Italia dal clima freddo proveniente dal Nord. Infatti se alle mie spalle ho sole e un cielo nitido e terso, verso il cantone dei Grigioni vedo solo nuvole nere e una forte minaccia di pioggia.

Che fare? Scendere nuovamente verso Chiavenna evitando il maltempo o proseguire come da programma con rischio pioggia? Decido di proseguire: speriamo in bene.

Durante i 21 tornanti in discesa inizia inevitabilmente a piovere, mannaggia, subito penso “ho sbagliato tutto come sempre”. Ma fortunatamente non è una pioggia cattiva.

Costeggio il fiume Reno fino alla città di Thusis, dove, come un cane randagio bagnato, mi fermo a mangiare seduto sul muretto del bar di un benzinaio.

Mentre degusto il mio lauto pranzo a base di due panini confezionati con salame Milano e mortadella Bologna, accompagnati da un’ottima Coca Cola da 900 ml, osservo e ammiro il mio fedele destriero.

Fedele destriero, che non mi ha mai abbandonato nelle mie disavventure.

Mentre continuo ad ammirare la mia bicicletta con la bocca piena e gli occhi a forma di cuore 😍, di colpo il cuore si trasforma improvvisamente in … 💩.

Ma cosa è successo al tubolare? 😱

Vuoi vedere che quella frenata improvvisa in discesa per evitare un’auto mi ha fatto lisciare il tubolare? Ahimè questo è davvero molto probabile.

A mente inizio a fare quattro conti. Mancano 50 km di salita per lo Julier e 50 km di discesa a Chiavenna. Ho il tubolare gonfiato a 10 atmosfere, potrei tenerlo così fino in cima, e poi sgonfiarlo in discesa per evitare di farlo esplodere perdendo il controllo della bici e sfracellarmi.

Ok proviamoci!

La strada è tutta saliscendi fino a Tiefencastel dove da lì, inizierà la vera salita.

Nel mio immaginario le salite svizzere sono dolci e costanti, insomma sono praticamente tutto l’opposto di quello che si incontra verso lo Julierpass.

Una salita di 36 km con 1500 metri di dislivello divisa in 4 gradoni, una specie di calvario a tappe.

Il primo gradone si sviluppa nei primi 4 km, un inferno indescrivibile.

Sarà che molto probabilmente le gambe le ho lasciate sul muretto del bar a Thusis, saranno questi rettilinei infiniti al 10%, ma durante quei km le ho pensate di tutte: freni che bloccavano le ruote, gomme sgonfie, dolori a milza e appendicite che si stava preparando alla peritonite… Una piacevole e salutare salita in bicicletta insomma!

Superato il primo gradone, si arriva a Sursen, in Val Sursette, una vallata dove finalmente si può tirare il fiato prima del secondo gradone.

Tra il secondo e il terzo gradone non ho nessun ricordo, credo di aver cancellato tutto dalla memoria. Ricordo solo calcoli assurdi fra distanza mancate al passo e dislivello da coprire: roba forte insomma.

Superato il terzo gradone si arriva al lago di Marmorera, ultimi km prima dell’ultimo e interminabile gradone che porterà al Passo.

Arrivati a Bivio mi fermo al supermercato Volg. Coca e brioches, e finalmente sono pronto all’ultima tappa del calvario, ovviamente tutta sotto una piacevole e fresca pioggerellina che mi accompagnerà fino al passo.

Due volte che percorro questa salita, e due volte arrivo con la pioggia. Prima o poi ce la farò ad arrivare con il sole!

Dopo aver fatto nuovamente la foto con la sciarpa, indosso tutto l’abbigliamento portato in tasca, sgonfio le gomme, e con un segno della croce, mi preparo per la discesa.

Dopo Silvaplana, nel tratto pianeggiante che mi porta al Maloja, ho anche la fortuna di essere accompagnato da uno splendido arcobaleno, che fa da cornice al suggestivo lago di Sils.

Cercando di moderare il più possibile la velocità in discesa, e con un briciolo di ansia, arrivo a Chiavenna di nuovo sotto il sole.

È il momento di ringraziare il tubolare che non mi ha abbandonato. Anche questa volta, il mio fedele destriero mi ha portato a casa.

traccia Strava a questo link:

https://www.strava.com/activities/7670921048

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