Quando mi appassionai al ciclismo, i miei primi libri storici su questo tema furono quelli di Alberto Ferraris.
Nei primi anni 2000 in Internet si trovavano ancora poche informazioni, e questi tre libri furono per me una fonte inesauribile di idee e spunti.
Ho passato ore e ore a sfogliare le pagine di queste opere, in cui erano raccolte tutte le salite della Lombardia. Vi erano proposte di miniraid e avventure giornaliere che facevano gola a ogni grimpeur!
Ho riempito pagine di appunti, ma ricordo che nella sezione personale “salite da fare”, avevo segnato quelle di Chiareggio e Diga di Campo Moro, da compiere in giornata e assieme.
Rimaste nel cassetto per anni, una sera di agosto, con poco allenamento ma tanta voglia di pedalare, ho deciso che era giunto il momento di mettere la spunta a questa casella rimasta vuota per così tanto tempo.
Decido di partire da Vendrogno in bici. Non mi piace mai prendere l’auto per poi andare a pedalare, è quasi un controsenso, e per questo motivo, quando le condizioni lo permettono, cerco di evitarlo.
Il programma è di 216 km e 3600 metri di dislivello: proviamoci!
Parto di buon mattino, prima delle 7, costeggiando un lago di Como ancora addormentato, e poi la Valtellina. In due ore e mezza sono a Sondrio per una seconda colazione.
Ora si parte, destinazione Valmalenco!
Gasato a 1000 parto a manetta come sempre.
Il mio programma è quello di gestire le energie fino a Chiesa in Valmalenco, tratto comune per entrambe le salite, per poi decidere quale fare per prima.
Una volta arrivato in questo splendido paese, scelgo di andare prima a Chiareggio.
Chiareggio, 1700 metri di quota, è più basso rispetto alla Diga, a circa 2000. Arrivando da Sondrio preferisco non forzare e affrontare la salita più corta.
In paese noto e mi segno subito il negozio di alimentari che saccheggerò al mio ritorno in discesa. È fondamentale la motivazione in questi contesti.
Più passano i km, più il paesaggio diventa da alta montagna, e inevitabilmente accuso la fatica.
Ho quasi la tentazione di rinunciare, ma il desiderio di arrivare fin dove finisce l’asfalto è più forte.
Che soddisfazione all’arrivo! Le montagne innevate hanno sempre il loro fascino e mi ritemprano lo spirito.
Ora tutta discesa fino a Chiesa, dove Marina e i suoi splendidi panini imbottiti mi attendono. Per la cronaca, me ne faccio fare uno anche da tenere in tasca per le emergenze, l’ottimo prosciutto della Valtellina è un vero doping morale.
Sono circa le 13, una volta rifocillato, sono pronto per partire.
Che caldazza però, non c’è un filo di vento!
Cosa faccio? Vado alla Diga? Sono tentato di rientrare direttamente a Sondrio, ma l’orgoglio e il sogno messo da parte da anni mi spronano a continuare la salita verso Campo Moro.
Che paesaggi! Che strada meravigliosa! Che ambiente di alta montagna strepitoso! Le gallerie buie e in pavè poi regalano emozioni particolari.
La velocità media di pedalata inizia ora a crollare di colpo. Ne è testimonianza l’amico ciclista che mi sorpassa con una mtb muscolare anni ’80, pensionato rampante autoctono.
Con lo sguardo cerco in tutti i modi di identificare la batteria sulla sua mtb, ma non la trovo, e sono davvero umiliato. Un vero schiaffo morale.
Ora mi attende solo la discesa a Sondrio, dove mi attende la pedalata sulla ciclabile della Valtellina e i suoi 37 gradi di temperatura.
Vendrogno, arrivo! Un altro sogno è stato realizzato.