Milano Roma

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Lo Spirito Randagio ha sempre molta fantasia e delle volte ti fa nascere delle idee un po’ strane. Infatti è capace di farti partire da casa in bicicletta per arrivare a Roma, rigorosamente in stile ciclosportivo, per il Giubileo della Misericordia, trovare mio fratello, e fare una “passeggiata” con gli amici, il tutto in un’unica avventura.

Partiamo da Milano venerdì 29 luglio alle ore 18.30 dalla chiesa di San Nicolao della Flue, in Piazza Piero Carnelli, fondatore della Chiesa e grande appassionato sportivo (veniva definito il prete degli sportivi perché aveva seguito più volte il giro d’Italia assieme all’amico Vincenzo Torriani, storico Patron. Credo che dall’alto più volte ci abbia protetto durante questo viaggio).

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E così io, Andrea, Daniele e Mattia partiamo fra gli applausi degli amici, venuti a salutarci e incoraggiarci,  e che per questo li ringrazio di cuore, che energia!

La prima parte del percorso è tutta pianeggiante e scegliamo sempre stradine poco trafficate e secondarie, più rilassanti e paesaggistiche ma che allungano il percorso.

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Dopo una sosta al paese Natale dei mie genitori, Castiglione d’Adda, e un gelato veloce mangiato a Cremona, verso mezzanotte e dopo 130 km arriviamo al nostro ormai classico ristoro di Colorno, organizzato da Giuliana, fidanzata di Daniele, e dai suoi mitici genitori.

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L’accoglienza e l’abbondanza di cibo è sempre eccezionale, ma dopo due ore di sosta siamo costretti, a malincuore, a riprendere le nostre Biciclette e ripartire.
E’ la quarta volta che arrivo a Colorno in Bici, e come da tradizione, dopo ogni ripartenza, questo ristoro miete la sua vittima: ad aprile fui io, avevo mangiato talmente tanto che dopo pochi km volevo buttare la bici nel Po e prendere il treno per tornare a casa.

Capiamo subito che la notte risulta particolarmente faticosa, ed infatti, verso le 4 di notte siamo costretti a fermarci a Collecchio per la classica sosta notturna sulle panchine.

Dopo questa pausa di 15 minuti siamo di nuovo in sella, fra pochi km inizia il Passo della Cisa.  Siamo pronti!

In questi km cerco di pedalare accanto a Mattia, ma qualche suo insulto mi fa capire che lo devo lasciare solo. Le crisi vanno vissute in solitudine, così come arrivano se ne vanno. Mattia ad un certo punto decide di fare una sosta nel bosco (per fare chissà che cosa, ahahhaha) e subito dopo ci raggiunge bello pimpante e voglioso di continuare questa meravigliosa salita affrontata con le prime luci del giorno.

Dopo una bella sosta in un bar a base di cappuccio e brioches per me Andrea e Daniele, panino al prosciutto per Mattia, finalmente verso le 8 del mattino siamo sul Passo della Cisa.

Ormai possiamo dirlo: è tutta discesa fino a Roma! (Per la cronaca: Daniele mi ha odiato per il resto del percorso per questa mia affermazione detta in questo frangente, che ovviamente è risultata inesatta).

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Arriviamo a Sarzana verso le 10.30 di sabato mattina, iniziamo a sentire il profumo del mare e la temperatura inizia ad aumentare. La stanchezza della notte passata in bianco influisce anche sulla nostra termoregolazione, che ci porta a percepire il caldo in maniera più intensa.

La maggior fatica di questa parte del percorso (e che purtroppo si protrarrà fino all’arrivo) è la scarsità di fontanelle. Questa situazione, associata al calore di questa giornata di fine luglio, inevitabilmente fa svuotare le borracce sempre troppo velocemente.

Verso le 13 siamo nella zona di Viareggio, il caldo è insostenibile e la sosta in un supermercato è obbligatoria.

Il risultato è decisamente gratificante, per più volte entriamo nel negozio a comprare confezioni di ghiaccioli rinfrescanti, e prima di partire, Andrea ci propone una soluzione decisamente originale ed efficace… i ghiaccioli nelle borracce! Un mito!

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Verso le 15 arriviamo in Piazza dei Miracoli a Pisa. E’ d’obbligo la sosta per la foto di gruppo con la Torre pendente. Alcuni giapponesi chiedono perfino di fare una foto con noi, troppo simpatici.

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La strada da fare è ancora tanta, nonostante la bellezza di queste zone siamo costretti a riprendere alla svelta le nostre Biciclette. Vogliamo portarci avanti il più possibile prima che cali il sole perchè questa notte abbiamo deciso di fermarci a riposare seriamente.

A Rosignano Solvay (paese famoso per la spiaggia caraibica causata dagli scarichi di carbonato di calcio della fabbrica Solvay) decidiamo, davanti ad infiniti tranci di pizza, che a Follonica, al km 470, faremo una una vera sosta con doccia e dormita.

In queste zone la strada costeggia continuamente il litorale, generando in me un po’ di invidia verso le persone sdraiate sulla spiaggia, ma poi mi rendo conto di essere in vacanza pure io. Di cosa mi dovrei lamentare?

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La condizione dell’asfalto è davvero pessima, come del resto la maggior parte delle strade italiane, ma in questi km rasentiamo davvero il limite. Passando da Bibione mi chiedo come potesse allenarsi su queste strade Paolo Bettini, ex campione del mondo ed ex ct della nazionale.

Finalmente verso le 22 arriviamo tutti a Follonica, chiudendo la giornata con 6 forature (siamo partiti con 8 camere d’aria, rifornimento obbligatorio prima di dormire).

Dopo una doccia e qualche cosa da mangiare (Mattia 2 kebab e patatine fritte, io un kebab, Daniele un cornetto, Andrea… solo acqua frizzante) verso mezzanotte andiamo a riposare perchè la sveglia sarà alle 3.45.

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Alle 4 inoltrate siamo in strada ed insieme a noi ci sono tanti giovani ancora in giro. Per noi è l’alba di domenica mattina, mentre per loro è ancora sabato sera e ciò mi spaventa parecchio: la paura di incontrare qualche guidatore alticcio lungo la strada mi preoccupa. Mi affido alle preghiere.

Ripartendo a digiuno si era detto “colazione al primo bar”, ma non  immaginavamo affatto di fare 40 km di fila prima di trovarne uno. Al simpatico gestore del bar di Grosseto, al quale abbiamo garantito un discreto introito mattutino, chiediamo quale sia, secondo lui, la Bici più brutta fra le nostre. Ovviamente non ha avuto dubbi: quella di Mattia (soprannominata la “freccia delle Orobie”).

Una deviazione dal percorso originale ci consente di inoltrarci nella maremma: zona particolarmente vallonata ma che sa regalarci paesaggi deliziosi.

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Una volta raggiunto Orbetello il percorso inizia a diventare molto stradale e, non conoscendo la zona, è davvero impossibile inventare un percorso alternativo. Un po’ di senso di colpa mi viene, perchè forse sarebbe stato meglio studiare e organizzare il percorso in maniera migliore da casa.

Dopo una sosta rifornimento in un bar, prima di ripartire ci facciamo riempire le borracce di granita suscitando l’ilarità del cameriere.

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Finalmente arriviamo a  Montalto di Castro. Qui ci incontriamo con Marco, randonneur conosciuto nei brevetti del 2015 e incontrato anche sulle strade della Paris Brest Paris dell’anno precedente.

Marco ci scorta fino alla prima fontanella che è al Santuario della Madonna delle lacrime di Civitavecchia, lontano solo “20” km: che caldo, che fatica!

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Chiedo al gruppo una sosta McDonald’s a Civitavecchia che viene accettata con piacere, e poi via una tirata dritta fino a Roma!

Prima di procede con la mia storia vorrei raccontarvi di ciò che è accaduto prima del nostro arrivo in Piazza San Pietro: il “Miracolo dell’Aurelia”.

Lungo la strada le fontanelle scarseggiano, il caldo non ci da tregua. Esercizi commerciali non se ne vedono da parecchi km, e la sosta da Mc fatta a pranzo è ormai un ricordo lontano. Ricordo di aver sofferto particolarmente questo momento.

Andrea, ad un certo punto, intravede una stazione dei treni e va in ispezione nella speranza di trovare un rubinetto o almeno un bagno. Tutto inutile.
Io mi accosto a bordo strada, Daniele mi raggiunge e mi chiede: “ma Padre Giuseppe può fare miracoli fuori sede?”. Gli rispondo speranzoso: “credo di si”.

Dopo 200 metri compare dal nulla un centro commerciale con supermercato e McDonald’s annesso.


Wikipedia dice così: Si definisce miracolo, un evento straordinario, al di sopra delle leggi naturali, che si considera operato da Dio direttamente o tramite una sua creatura.

Padre Giuseppe aveva fatto il “Miracolo dell’Aurelia”.

Siamo arrivati in Piazza san Pietro alle 17.30 dopo 47 ore, percorrendo 700 km in Spirito Randagio. L’emozione è stata forte, quasi indescrivibile.

Ma la cosa ancora più emozionante è stato l’arrivo da mio fratello, Padre Giuseppe, Frate Francescano dell’Immacolata, che ci ha accolto nella sua parrocchia assieme ai sui fratelli frati: grazie di cuore per l’accoglienza e ospitalità.

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Il lunedì lo passiamo da veri turisti in giro per Roma: percorso giubilare, porta santa, monumenti. Una giornata di relax con i miei compagni di viaggio e mio fratello, che purtroppo vedo sempre troppo poco durante l’anno.

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Martedì mattina con un po’ di malinconia riprendiamo il treno per tornare a casa, pazzesco come in 2 ore e 50 minuti questa frecciarossa riesca a coprire il percorso che ci siamo dovuti guadagnare e faticare in due giorni.

Prima di partire eravamo consapevoli che nessuno di noi quattro aveva un allenamento specifico o una preparazione adeguata per un’avventura  del genere. In queste situazioni così difficili mi rendo conto che sarebbe stato facile litigare, non andare d’accoro, perdersi d’animo e far saltare tutto.

Si, perchè ognuno di noi ha le proprie abitudini e i propri ritmi, in più la stanchezza molto spesso porta a far saltare certe dinamiche. Ma tutto questo non è accaduto. Ci siamo sostenuti a vicenda e nei momenti di difficoltà ci siamo incoraggiaci. Forse non mi crederete, ma durante tutti i 700 km l’unica cosa che non è mai mancata è il sorriso! Sarà merito dello Spirito randagio? Io voglio credere di si. Ed inoltre in questa avventura siamo stati pervasi anche da un altro spirito… quello Francescano!

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Un alba in bicicletta

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