Da O preparazione a 250 sfumature di sofferenza. Il mio ritorno in bici

Il mio ultimo articolo risale ad ottobre 2021, in mezzo uno Stop forzato di alcuni mesi causato da una frattura del bacino. Dinamica banale: bici gravel, discesa sterrata, presa curva con troppa confidenza, e in un attimo mi sono ritrovato a terra.

Nonostante il dolore atroce, mi sono fatto ben 38 km in bici per tornare a casa, ma nel pomeriggio sono stato costretto a recarmi al pronto soccorso. 

Tratturi. L’ultima foto prima della caduta (con l’amico Marco)

Per un errore di valutazione clinica, la frattura non è stata diagnosticata subito, anzi, in pronto soccorso mi avevano addirittura dimesso liquidandomi con sufficienza dicendomi che era una semplice botta, e sarebbe passata del tutto in una settimana.

Dopo due settimane, da questa presunta “botta”, torno addirittura a lavorare, ma i dolori sono troppo forti. 

Ed è solo grazie all’insistenza, ma soprattutto all’esperienza e alla professionalità del mio amico Fausto, che scopro finalmente  qual è il vero problema. 

Il 22 dicembre, prendendo auto e stampelle, e mi reco presso l’ospedale dove lavora Fausto, a Negrar in Valpolicella.

Dopo una sua attenta valutazione con RMN e TAC, si confuta il referto del pronto soccorso. 

Con Fausto dopo la TAC

Scopro finalmente la frattura del bacino (che Fausto aveva già ipotizzato guardando semplicemente le radiografiae del pronto soccorso attraverso foto whatsapp, incredibile la sua bravura)

Vacanze di Natale compromesse, ora mi attendono mesi di riposo e soprattutto un noioso periodo di recupero passato fra alti e bassi.

Il tempo per riflettere è stato tanto. Nel periodo in cui sono stato costretto a stare a casa, ho analizzato tutte le possibili cause che mi hanno indotto a commettere un errore di guida così banale. Farò  preziosamente tesoro di tutte queste mie analisi per il futuro.

Non rimpiango tutte le pedalate che avrei potuto fare in questi primi mesi dell’anno, me ne sono perse davvero tante. Anzi, onestamente sono contento di aver potuto dedicare più tempo a ciò che non concerne la mia passione per la bicicletta. Devo essere sincero: non mi è mancata nemmeno più di tanto. Va bene così.

Prima o poi però, da qualche parte dovevo pur cominciare. Ed è cosi che, dopo qualche timido giro senza nessuna velleità e anima, inserisco un Martesana Van Vlaanderen, senza nemmeno concluderlo. Ma sento di non essere ancora pronto.

L’occasione buona però si presenta grazie ad un invito di Alessandro, “pensionato milanese” (definitosi così da lui stesso).

Non vi immaginate il classico nonnino con la divisa MAPEI ed una bici decathlon: andare con lui si ricevono bastonate ed umiliazioni!

Mi propone di andare a mangiare da sua sorella a Castell’Arquato, andata e ritorno da Milano, 250 km puliti.

E’ l’occasione propizia: facile facile!

Alessandro è di Milano, ma l’ho conosciuto sulla strada, pedalando, in un’occasione davvero speciale: la Parigi Brest Parigi del 2015.

Le amicizie che nascono durante questo evento sono uniche, e ti rimangono dentro il cuore.

Io e Alessandro

Ricordo quando abbiamo pranzato assieme al controllo di Loudeac, in Bretagna. Dopo soli 400 km, voleva ritirarsi, ma io e Daniele lo abbiamo spronato a proseguire senza mollare. E’ stato meraviglioso incontrarlo di nuovo all’arrivo, a Parigi, dopo 1200 km! Non aveva mollato per davvero!

Alessandro in passato ha saputo dare una definzione meravigliosa di Randonnee, che mi piace da matti:

“A ben pensarci siamo stati un po’ tutti randonneurs solo che non ce lo ricordiamo. Chi di noi, da ragazzino, non si è stufato dei soliti giri del palazzo o dell’isolato e si è spinto più in là. Si diceva “andiamo in esplorazione”. Erano piccole randonnee….”

Ed eccomi una mattina di maggio pronti per una nuova avventura al di là del nostro isolato, ho voglia di ripartire con una Randonnee privata, io ed Alessandro.

Sappiamo già in partenza che nel pomeriggio sarà una giornata particolarmente calda, sono previsti ben 37 gradi, aggiungiamo il mio allenamento nullo, e i presupposti per una giornata da incubo ci sono tutti.

Subito furori Milano ci dirigiamo verso San Colombano, poco prima di questo colle, da lontano, notiamo un ciclista un po’ particolare.

Non è giovanissimo, ha una pedalata davvero peculiare.

Avvicinandomi sempre di più noto una luce dinamo sul manubrio, è sicuramente un randagio.

Alzando lo sguardo lo riconosco: è Luigi Cappellani (sei Parigi Brest Parigi all’attivo, 1001miglia, LEL, Sicilia non stop e altre svarite Randonnee, insomma un mito).

Davvero piacevole scambiare due chiacchiere con questo giovanotto. Mi dice che per raggiunti limiti di età, per regolamento, non può più fare Randonnee. Quando scopriamo i suoi anni, 75, rimaniamo davvero senza parole.

Dopo averlo salutato, attraversiamo la collina di San Colombano, un passaggio splendido attraverso i vigneti con un briciolo di sterrato.

Ora è giunta l’ora di attraversare il Po e fare una seconda colazione a Castel San Giovanni.

Dopo un cappuccio e due brioches siamo pronti ad affrontare le misere asperità di giornata che ci separano da Castell’Arquato al km 140.

Attraversiamo anche lo splendido borgo di Grazzano Visconti, dove inizio ad avere la prima crisi e le prime allucinazioni.

Non siamo nemmeno a metà e già sono morto. Come posso farcela?

Provo a tamponare con una coca cola, ma la ripartenza di Alessandro a 42 km/h mi spezza definitivamente le gambe (che infame).

Morale? il mio arrivo a Castell’Arquato, presso il Bed & Breackfast della sorella e suo marito, è qualcosa di davvero tragico. Prima che ci servano il pranzo sono disperato.

Mancano ancora 110 km e non mi reggo in piedi.

Nemmeno una prelibata lasagna accompagnata dall’ottimo vino riesce a rinfrancarmi.

Cerco quindi di distrarmi e non pensarci, chiacchieriamo come se non ci dovesse essere nemmeno il ritorno a casa, ma prima o poi, so che arriverà la ripartenza, una spada di Damocle incombente da cui non posso sottrarmi.

I primi 10/20 km li passo in silenzio, 35 gradi secchi mi tolgono il fiato e la mia tipica logorroica parola.

L’ex centrale di Caorso, con la sua latente dose di radioattività, sembra darmi un minimo di ricarica, ma l’attraversamento del Po e il conseguente ritorno in Lombardia, mi catapultano di nuovo all’inferno.

La centrale nucleare dismessa di Caorso

A Castelnuovo Bocca d’Adda ci fermiamo ad un bar, non ricordo nemmeno il numero di coca cole e gelati che mi sono ingurgitato, perdo il contatto con la realtà, mi sento nel mio mondo ovattato, sarà l’allergia al polline o iperglicemia causata dal cibo zuccherato? mistero.

Dopo un’abbondante doccia fredda alla fontanella ripartiamo, ma il termometro fisso sui 37 gradi è impietoso. Sento l’asfalto sotto i miei piedi friggermi le gambe, e il casco mi cuoce il cervello. Che agonia!

La sosta al cimitero di Castiglione d’Adda, è inevitabile.

Un saluto a mio papà e una nuova abbondante doccia alla fontanella all’interno di esso, sembrano darmi una piccola tregua.

Mancano solo 50 km a Milano, intravedo la fine del tunnel.

A Lodi, Milano è sempre più vicina, e dopo un nuovo gelato con coca cola, mi accascio sopra una panchina e penso: ” ma chi diavolo me l’ha fatto fare? si stava così bene senza pedalare”

Alla ripartenza da Lodi, mancano solo 30 km, e subito sono di nuovo chiaro con Alessandro: “scusa Ale, non ho nemmeno la forza di parlare, ora devo stare zitto e risparmiare ogni filo di fiato”

L’arrivo a casa è stata una sorta di liberazione da una tortura, ma come ogni volta, per uno strano meccanismo psicologico inspiegabile, i ricordi negativi sono subito dimenticati.

Non credeteci. Ovviamente stavo scherzando, ricordo perfettamente tutto, e anche la mia pelle, per un bel po’, renderà testimonianza a questa idiozia fatta per il ritorno ufficiale in sella: ma mai più da 0 a 250 km!!!

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